eDiscovery: il processo che trasforma i dati in prove

Nel mondo digitale ogni clic lascia una traccia: email, chat, documenti salvati in cloud, un flusso ininterrotto di informazioni che possono diventare prove in vari contesti, come per esempio contenziosi legali, indagini penali e indagini aziendali interne.

 

eDiscovery: cos’è

L’ eDiscovery (dall’ingeles electronic data discovery) si concentra sulla localizzazione e raccolta di dati memorizzati in formato elettronico; è il processo che, nell’ambito dell’informatica forense, permette di ricercare e identificare dati digitali archiviati su sistemi informatici e viene quindi utilizzato quando è necessario individuare, raccogliere ed analizzare prove digitali di tipo documentale.

Tra i contenuti potenzialmente rilevanti troviamo sostanzialmente qualsiasi tipo di file digitale, come email, documenti di testo, fogli di calcolo, voci di calendario e contatti, conversazioni in chat online, database, ecc.

Le email in particolar modo rappresentano una delle fonti di prova più frequenti, poiché a differenza delle lettere cartacee sono più frequentemente utilizzate e gli utenti tendono maggiormente a conservarle, comprese le versioni non inviate, come le bozze.  Ciò le rende determinanti per ricostruire fatti, individuare comportamenti scorretti o dimostrare illeciti, come ad esempio la concorrenza sleale o le azioni di un dipendente infedele.

Le fasi dell’ eDisocvery si concatenano in un processo sequenziale che include:

  • l’identificazione delle fonti di dati rilevanti, 
  • la conservazione dei dati originali raccolti in modo che non possano essere modificati o cancellati, 
  • l’acquisizione dei dati ritenuti rilevanti, 
  • la conversione dei dati raccolti in formati che ne rendano possibili l’analisi, 
  • la revisione del contenuto dei dati elaborati per determinare quali sono rilevanti per il caso
  • il passaggio delle informazioni alle altre parti coinvolte nel contenzioso o nell’indagine.

Una pietra miliare per l’ eDiscovery: il caso Zubulake vs UBS Warburg

Il caso Zubulake vs UBS Warburg  rappresenta uno dei precedenti più significativi nella storia della e-discovery ed è considerato un caso fondamentale che ha plasmato le prassi legali relative alla gestione e alla produzione di dati elettronici. 

Laura Zubulake intentò una causa contro UBS Warburg accusando l’azienda di discriminazione di genere, mancata promozione e ritorsione. Nell’ambito del procedimento, la ricorrente richiese l’accesso a email archiviate su nastri di backup, non facilmente recuperabili, il cui ripristino avrebbe comportato costi elevati per il datore di lavoro.

La questione centrale fu chi dovesse sostenere i costi di recupero dei dati elettronici. UBS Warburg, in quanto custode delle informazioni, o la parte richiedente, Zubulake?

La giudice chiamata a pronunciarsi sul caso, stabilì una serie di principi che hanno segnato la disciplina della discovery elettronica prima della riforma delle Federal Rules of Civil Procedure del 2006. Le sue decisioni hanno chiarito che, in linea di principio, i costi di produzione delle prove elettroniche spettano alla parte che le detiene, salvo casi in cui il recupero sia eccessivamente oneroso o le informazioni non siano ragionevolmente accessibili.

Questo caso è diventato una pietra miliare: viene tutt’oggi citato come riferimento per la gestione dei costi e delle responsabilità nella produzione di dati elettronici durante le controversie legali, avendo contribuito a definire standard tuttora utilizzati nella e-discovery internazionale.